Stroncature luminarie

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Ho iniziato la mia serie di articoli scrivendo: “Perché il titolo Relatività per stupidi? Semplice … non ho una conoscenza della matematica e della fisica tale da poter affrontare un argomento così ostico con un approccio rigorosamente scientifico. Tratterò quindi la materia a livello divulgativo, con stile discorsivo, spero leggero, senza formule strane. Da qui il titolo “Relatività per stupidi “, dove il primo stupido sono io”.

Ho cominciato ad interessarmi alla teoria della relatività quando sono andato in pensione. In un primo momento ho cominciato a scrivere per me stesso, per appuntare man mano che studiavo le cose che riuscivo a capire. Il titolo della mia serie avrebbe dovuto essere “La relatività spiegata a me stesso”, infatti non era assolutamente mia intenzione mettermi in cattedra ad insegnare qualcosa. Ero mosso solo dalla curiosità.

Qual era la mia conoscenza della fisica quando ho cominciato a studiare e scrivere sull’argomento? Quella che può avere una persona normodotata che ha studiato fisica alle superiori e poi per 40 anni l’ha ignorata. Ho avuto subito qualche difficoltà a disegnare i grafici, non perché non avessi idea di cosa disegnare, ma perché non avevo alcuna esperienza con il disegno digitale di figure geometriche. Pensa un po’, ho cominciato usando Paint di Windows … sì, quello che usano i bambini. Solo più tardi sono passato a Paintshop ma non sono mai riuscito ad ottenere una definizione dei grafici di qualità scientifica.

I miei sono grafici approssimativi e non permettono di ricavare valori con approssimazioni accettabili. Questo non era un problema per me, mi accontentavo di avere una comprensione visiva degli eventi nello spazio-tempo. Anche la stragrande maggioranza dei miei lettori, persone come me senza una profonda preparazione scientifica ma con la curiosità di conoscere, non si sono lamentati della qualità dei grafici. A volte qualcuno mi ha segnalato errori grossolani che ho provveduto a correggere.

Insomma la mia relatività per stupidi non è un trattato destinato ai professionisti della fisica o a studenti universitari di fisica. Questo è implicitamente enunciato nel titolo. Allora è destinato solo agli stupidi? Esatto, se per stupido si intende uno che è a digiuno di fisica ma ha curiosità di sapere qualcosa sulla relatività. Da questo punto di vista la mia relatività per stupidi è un ottimo strumento divulgativo come testimoniano le molte e-mail di apprezzamento che continuo a ricevere.

I problemi cominciano quando qualche professionista della fisica si imbatte nei mei scritti. In particolare, un fisico famoso, un vero luminare che chiamerò per rispetto della privacy professor Rossi, stronca il mio lavoro con un giudizio tranchant: “… questo non ha capito nulla” dice con la faccia schifata.

Per quale motivo un professorone di tale calibro perde il suo tempo prezioso a leggere uno scritto destinato agli “stupidi”? Si ritiene per caso uno stupido egli stesso? Scherzo ovviamente 🙂

Faccio un’analogia.

Ho pubblicato una versione della Divina Commedia a fumetti. Ora c’è un professore di letteratura, un famoso luminare che ha scritto ponderosi tomi su Dante e la Divina Commedia, che pretende di fare le pulci al mio lavoro. Se ha tempo da perdere ha tutti i diritti per farlo. Ma come devo reagire se mi demolisce con giudizi tranchant (questo non ha capito niente della divina commedia) perché nel fumetto ho disegnato Beatrice con i capelli neri? Dall’alto della sua conoscenza a memoria della Divina Commedia egli proclama “Dante non dice mai che Beatrice aveva i capelli neri!!!” Potrei capire la sua indignazione se avessi messo Beatrice nell’Inferno! Ma l’ho messa in Paradiso! Forse sarebbe il caso di consigliare al professore di non perdere tempo prezioso a leggere fumetti!

Ma quali sarebbero gli errori concettuali che portano il luminare a dire con alterigia sprezzante “questo non ha capito niente”? Dimostrerò che il suo è un giudizio prevenuto perché non c’è niente di concettualmente sbagliato nella mia serie sulla relatività. Insomma non ho messo Beatrice all’inferno. Ci possono essere aspetti formalmente non corretti (i grafici approssimativi) e, a volte, c’è carenza di dimostrazioni efficaci. Ma tutto questo è coerente con il mio approccio divulgativo.

Comincio con la prima delle luminarie stroncature. Esaminando il mio diagramma 34, capitolo 6, il professor Rossi scrive testualmente:

t_R(C)/t_R(A) dovrebbe valere gamma = 1.061, invece vale 1.043. La terza cifra in tutti questi numeri è incerta, ma uno scarto del 2% è significativo”.

Il luminare ha ragione ma non tiene conto che i miei grafici divulgativi mirano solo a dare una comprensione visiva dei concetti non a fornire valori analitici. Insomma, “uno scarto del 2%” è significativo per i professionisti della fisica, non certo per me e per i miei lettori.

Il professor Rossi a volte interpreta il mio pensiero e mi fa dire cose che non ho mai detto.

Per esempio, nel capitolo 6 scrivo:

“L’assoluta incompatibilità fra il principio di relatività di Galileo e la teoria della velocità costante della luce di Maxwell mette in crisi il pensiero scientifico alla fine dell’ottocento”

Il professor Rossi sottolinea con matita blu:

“Non esiste in Maxwell l’asserzione che la velocità della luce sia la stessa in tutti i riferimento inerziali, come invece sostiene DB (si veda anche il cap. 5). Non poteva esserci nel “Treatise”, dato che Maxwell credeva nell’etere e non si sognò mai di discutere quale sarebbe la velocità della luce se misurata in un altro riferimento inerziale.”

Dove avrei sostenuto che Maxwell discute della velocità della luce riferita a sistemi inerziali? Nel capitolo 6 non c’è scritto niente in proposito. Il nostro deve essersene accorto perchè rimanda al capitolo 5. Non viene detto neanche lì, andare a leggere per credere “L’etere e Maxwell” .

Nel capitolo 5 ho scritto:

Dalle equazioni dell’elettromagnetismo viene fuori che le onde e, quindi, anche la stessa luce, composta di onde elettromagnetiche, si propagano alla velocità costante, sempre uguale, di 300.000 km/s. Ora, il fatto che la velocità della luce non può mai superare i 300.000 km/s è in contrasto con il modello spazio-tempo galileiano.”

Tutto qui. Parlando di Maxwell non accenno mai a riferimenti inerziali.

Il nostro mi spiega poi che Maxwell credeva nell’etere. Non deve certo spiegarlo a me …  nel capitolo 5 ho riportato le esatte parole di Maxwell in proposito:

Qualunque difficoltà possiamo avere nel formarci un’idea coerente della costituzione dell’etere, non ci può essere dubbio che gli spazi interplanetari e interstellari non sono vuoti, ma sono occupati da una sostanza o corpo materiale, che è certamente il più grande e probabilmente il corpo più uniforme fra quelli di cui abbiamo qualche conoscenza”.

Cosa mi contesta? Mistero.

In altri casi, il luminare estrapola una frase senza tener conto del contesto e poi spara le sue micidiali stroncature.

Sempre nel capitolo 6 ho scritto:

Due osservatori inerziali non concordano sullo spazio percorso dalla luce nell’unità di tempo

Il nostro obietta con supponenza e la faccia super schifata:

“E chi gliel’ha detto che non concordano?”

Bastava mettere in contesto (quello della relatività galileiana) la mia affermazione per non schifarsi a tal punto. Che i due osservatori non concordino l’ho mostrato con l’esempio dell’asteroide nelle figure 29 e 30. 

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Lo spazio che l’asteroide percorre nell’unità di tempo secondo Rossi è x1

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Lo spazio che l’asteroide percorre nell’unità di tempo secondo Verdi è x2.

Concludevo:

Secondo il concetto di spazio relativo, due osservatori inerziali non concordano sullo spazio percorso da un sistema in movimento sia esso un asteroide o un fotone”.

Posso dire “sia esso un asteroide o un fotone” perché sto descrivendo il modello spazio-tempo di Galileo e Newton (spazio relativo e tempo assoluto) , non quello della relatività speciale (spazio relativo e tempo relativo) di Einstein.

Il luminare aggiunge:

“Sarebbe vero se si potesse usare la composizione galileiana”

Non solo posso ma è quello che faccio con la trasformazione galileiana in figura 30. Devo usare la composizione galileiana perché sto descrivendo una situazione pre-relatività. Infatti nel mio testo è scritto chiaramente: “il diagramma 30 è il risultato della trasformazione galileiana applicata al diagramma 29”. Qual è il problema? Forse il luminare non ha capito che in questi passaggi non sono ancora giunto alla teoria della relatività ristretta e che sto illustrando il modello spazio-tempo secondo Galileo e Newton.

Per evidenziare l’inconsistenza di alcune delle critiche riporto la lunga disquisizione che il luminare propone in merito all’origine della bomba atomica. Avevo scritto:

Ma a pensarci bene, la teoria della relatività ha avuto un impatto, purtroppo, nella quotidianità di centinaia di migliaia di giapponesi.  Parlo delle vittime delle due bombe atomiche sganciate sul Giappone alla fine della seconda guerra mondiale. E’, infatti, dalla teoria della relatività che viene fuori la famosa formula E=mc^2.

Il nostro scrive:

Questo è vero, ma è del tutto falso che le bombe atomiche dipendano da E=mc^2. Anche una semplice reazione chimica come CH_4 + 2 O_2 –> CO_2 + 2 H_2O dipende da E=mc^2, nel senso che anche qui c’è un difetto di massa. Però che il metano sia combustibile e possa essere usato per scaldarsi, cuocere cibi, ecc. dipende da conoscenze empiriche molto precedenti alla relatività.
Invece nel caso della fissione nucleare è accaduto l’opposto: dalla scoperta di quella legge (1905) alla prima reazione nucleare controllata (1942) sono passati 37 anni, durante i quali sono stati scoperti:
– il nucleo atomico (1913)
– il neutrone (1932)
– le proprietà delle forze nucleari (un lento processo).
Pian piano si è capito che i nuclei di massa intermedia (A ta 50 e 100) sono più legati sia di quelli leggeri che di quelli pesanti. Di conseguenza si può ottenere energia dalla fissione di un nucleo pesante, e questa energia si ritrova soprattutto come energia cinetica dei 2 o 3 neutroni emessi. Insomma, la fissione è possibile non grazie a E=mc^2, ma grazie a come sono fatte le forze che tengono insieme i nuclei
.”

Interessante excursus su come si è arrivati alla bomba atomica. Ma che c’entra con quello che ho scritto io? Ricopio quello che ho scritto:

E’, infatti, dalla teoria della relatività che viene fuori la famosa formula E=mc2. Pensa un po’, nel 1905, Einstein senza alcuna possibilità di sperimentazione pratica ma lavorando solo con la testa e la matematica, arriva a capire che in un piccolissimo atomo inerte è nascosta un’energia impressionante”.

Ma torniamo delle critiche sostanziali.

Il professor Rossi prende ora in esame la figura 31:

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Ci risiamo. E’ vero che ci sono due coordinate tempo e che ci sono due assi tempo ma sono due cose diverse. Come ho già detto, anche nella fig. 31 ci sono due assi tempo, anche se c’è una sola coordinata tempo

Ovvio professore: c’è una solo coordinata tempo perché, nella situazione pre-relatività ristretta descritta nel grafico, il tempo è assoluto: è uguale per Rossi, per Verdi e per l’omino verde sull’astronave. Certo c’è solo una coordinata tempo: è quella rossa che viene intersecata ortogonalmente dai piani di simultaneità 1,2,3 …

Dov’è il problema? Ci risiamo in che cosa? Ci risiamo nel suo NON capire il contesto del discorso?

Ma andiamo avanti.

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Commentando il grafico 32 il nostro scrive:

Naturalmente l’asse tempo ha anche la funzione di riportare i valori della coordinata tempo. Ed è vero che questa coordinata non è la stessa nei due diagrammi, per cui le tacche 1, 2, 3… saranno spaziate diversamente. Ma la retta è la stessa

Il grafico descrive esattamente quello che dice il professore. La linea orizzontale al tempo 3 individua lo stesso piano di simultaneità per Rossi, per Verdi e per l’omino verde. Ora guarda il piano di simultaneità al tempo 4 e come esso interseca le stesse worldline. Guarda anche lo spazio tra i punti di intersezione 3 e 4 sulle rispettive worldline. Ora riguarda lo stesso spazio nella figura 31. Si vede chiaramente che, lungo le rispettive worldline, le tacche 3 e 4 sono spaziate diversamente.

Più avanti, il luminare scrive:

Torniamo alla fig. 31: dato che l’asse t_V è la worldline di V, che è inclinata, e dato che il tempo è lo stesso per V e per R, se DB avesse segnato sull’asse t_V le tacche 1,2,3… avrebbe dovuto metterle sulle stesse orizzontali delle tacche sull’asse t_R.”

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Ma come? Non si vede che nella figura 31 la tacca 3 per Verdi (t-V) è sulla stessa orizzontale della tacca di Rossi (t_R). Ancora … dov’è il problema?

La critica successiva riguarda il grafico 34. Qui il luminare crede di aver individuato un mio errore concettuale che giustificherebbe da solo una stroncatura definitiva del mio lavoro. E’ il caso allora di analizzare nel dettaglio.

Con il grafico 34 siamo ormai passati alla relatività ristretta di Einstein, quindi non è più applicabile la trasformazione galileiana ma quella di Lorentz. In proposito il luminare scrive:

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Nella fig. 34 le tacche le mette, e come le mette? Mancano le linee orizzontali, ma penso di non sbagliare se dico che i punti di ugual numero sui due assi stanno su parallele all’asse x_R

L’approssimazione del grafico è evidente … non è chiaro se il punto 3 su t_V sia più in alto rispetto al punto 3 su t_R come dovrebbe essere. Nel dubbio il nostro non perde l’occasione per una stroncatura che in questo caso sarebbe definitiva.

Continua:

Ma se è così, t_V = t_R ! Non ci si deve fare ingannare dalla diversa scala: per es. i punti t_R=3 e t_V=3 stanno su una parallela all’asse x_R, il che vuol dire che l’evento (x_V=0, t_V=3) ha anche t_R=3.
Ma allora dov’è finito il rallentamento? Al contrario, il punto 3 su t_V deve stare un po’ più in alto del punto 3 su t_R.  Infatti questo evento, che viene visto al tempo t_V=3 da V, deve essere visto a un tempo t_R>t_V da R

Tutto giusto se punti t_R=3 e t_V=3 stanno su una parallela all’asse x_R (ma non è così), … ma sorpresa … il professore conclude il discorso scrivendo:

… questo evento, che viene visto al tempo t_V=3 da V, deve essere visto a un tempo t_R>t_V da R”.

Qui l’esimio professore, noto tra gli studenti dell’università di Pisa con il soprannome “sotto la spocchia niente”, si sbaglia grossolanamente. Sarà senz’altro un errore di battitura.

Visto da Rossi, il tempo del punto 3 sulla worldline di Verdi, t_V, è maggiore del tempo del punto 3 sulla worldline di Rossi, t_R. Quindi t_R<t_V , non t_R>t_V come affermato dal professore.

La formula dice che il tempo del punto 3 su t_V osservato da Rossi è uguale al tempo ‘proprio’ di Verdi, 3 nel nostro caso, moltiplicato il fattore di Lorentz. Per una velocità di 100.000 km/s, come nel nostro caso, il fattore di Lorentz è 1,061 quindi, 3 per 1,061= 3,183.

Quindi, osservato da Rossi,  t_V>t_R.

Ma non è quest’errore di distrazione che intendo evidenziare.  

Mi preme far notare il particolare accanimento del luminare nei miei confronti. In questo caso specifico prende in esame il mio diagramma 34 con una definizione grafica non adeguata per insinuare che qui ci sia un errore concettuale così macroscopico da giustificare il suo “questo non ha capito niente”.

Perché dico accanimento se non proprio malafede? Perché il caro luminare sa benissimo che io non sono sprovveduto a tal punto da mettere i punti di ugual numero sui due assi t_V e t_R su parallele all’asse x_R.

Perché lo sa? Perché ha visto anche il capitolo 7 dove parlo della trasformazione di Lorentz. Avrà senz’altro visto il mio grafico 39. Qui si vede chiaramente che le tacche su t_V non sono parallele all’asse x_R ma all’asse x_V.

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Come avrà senz’altro visto la mia animazione 06 sulla trasformazione di Lorentz dove è dinamicamente visibile come cambia la disposizione delle tacche sull’asse t_V con l’aumentare della sua inclinazione (attendere circa 10 secondi per veder partire l’animazione).

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Il professor Rossi in alcuni casi mi attribuisce cose che non ho mai detto, altre volte estrapola frasi dal contesto e quando infine stronca o tenta di stroncare il mio lavoro attribuendomi un grave errore concettuale ricorre all’approssimazione di un grafico e non tiene conto di quanto molto ben descritto in altri grafici ed animazioni.

La mia impressione è di essere stato criticato con accanimento senza argomenti validi dal punto di vista concettuale. Qual è la ragione di tale accanimento? Non conosco il professore, non ho mai avuto a che fare con lui, non sono un suo concorrente nel mondo accademico. Allora da dove deriva la spocchia, supponenza e alterigia che il luminare mostra nei miei confronti?

Una teoria ce l’avrei. L’accanimento del professore riflette la sua profonda insofferenza verso chi come me “volgarizza” la fisica nel tentativo di rendere accessibili teorie scientifiche la cui conoscenza invece si vorrebbe fosse esoterica, cioè riservata a pochi eletti.

Luigi Di Bianco

ldibianco45@gmail.com