
Nerone, un Gordon Setter dal lucido pelo nero, era il cane di Tonino. Nerone era bellissimo, un esemplare perfetto, armonioso, elegante, ma soprattutto coraggioso, molto energico e vitale. La sua corsa al galoppo, sciolta e velocissima, era uno spettacolo a vedersi. Come pure la sua capacità di fare salti e di arrampicarsi su terreni scoscesi. Tonino era molto legato a Nerone. Oltre che amico e compagno di gioco, Nerone era per lui un complice nei rapporti familiari dominati dalla figura autoritaria del padre. Bastava uno sguardo accigliato e severo di Ciccio per incutere in entrambi soggezione e timore … l’obbedienza immediata e incondizionata non era un optional né per Nerone, né per Tonino.
Nerone aveva un carattere buono e affettuoso, odiava solo gli zampognari che venivano a Erchie dal Cilento prima di Natale per suonare la novena nelle case. Nel pomeriggio dei giorni dell’Avvento gli zampognari facevano il giro del paese nei loro abiti tipici di pastori cilentani per suonare la triste melodia, il ‘tu scendi dalle stelle’, davanti ai presepi che erano fatti in ogni casa. Verso le quattro del pomeriggio Nerone si appostava in un punto dominante del paese e osservava da lontano i movimenti di casa in casa degli zampognari che, per venire a casa di Tonino, dovevano passare proprio dove c’era lui. Qui cominciavano i problemi: man mano che si avvicinavano il cane diventava sempre più nervoso poi cominciava ad abbaiare e a ringhiare minaccioso. In breve, i poveri zampognari non potevano passare se non interveniva Tonino a calmare e a tenere fermo il cane.
Qualche volta, dopo la scuola, era alle medie quindi doveva avere dodici, tredici anni, Tonino accompagnava il padre Ciccio nelle battute pomeridiane di caccia alla quaglia. Non appena Ciccio si avvicinava all’armadio dove erano custodite la doppietta e le cartucce, Nerone dava fuori di testa saltando e correndo in giro come impazzito. Era il suo modo di dire ‘jamme … ja, diamoci una mossa’.
Nerone era un cane da punta con istinto venatorio molto forte. Nella caccia lavorava in perfetta simbiosi con Ciccio. Ubbidiva immediatamente a tutti i comandi, anche se solo bisbigliati, come dietro, giù, vai, fermo, prendi, porta e lascia. Per la verità il ‘lascia’ non gli piaceva un granché … era sempre restio a lasciare la preda … gli piaceva tenerla nelle fauci il più a lungo possibile.
La zona prescelta per la battuta di caccia odierna è una striscia di terreno abbastanza scosceso sotto la strada statale verso Capo d’Orso. Il pendi a partire da sotto la strada statale è ricoperto da una lussureggiante macchia mediterranea. Qualche isolato leccio e poi cespugli a non finire di lentisco, di ginestra, mirto, rosmarino … Il profumo delle ginestre in piena fioritura inonda l’aria. Il ripido pendio ricoperto dalla macchia mediterranea termina di colpo sull’abisso delle rocce alte una cinquantina di metri sul mare. In parole povere questa è una zona pericolosa e poco battuta da altri cacciatori. Scavalcato il muretto della statale con un salto Nerone, Ciccio e Tonino sono fra i cespugli.
Scendono lungo il pendio per una decina di metri con Nerone ancora trattenuto. Si fermano in un punto strategico e Ciccio ordina al cane ‘trova’. E’ uno spettacolo vederlo correre a zig zag fra i cespugli, saltare su e giù la scarpata. A un certo punto si blocca nei pressi di un basso cespuglio di rosmarino nella posizione classica della punta. Ha fiutato la quaglia … con il corpo teso come una corda di violino aspetta l’ordine di Ciccio per scattare in avanti. Tutto è pronto e il destino della quaglia è segnato. Ciccio imbraccia la doppietta e ordina ‘vai’. Con un salto Nerone è nel cespuglio … la quaglia si leva e sia allontana con volo rettilineo e uniforme. Troppo facile per Ciccio abbatterla al primo colpo. La quaglia cade morta in un anfratto della roccia. Non sarebbe possibile recuperarla senza un cane con le caratteristiche di Nerone. Con pochi salti il cane è giù fra le rocce dell’anfratto e dopo poco riappare con la preda in bocca.
Nerone adesso non corre più, si avvicina lentamente … Ciccio deve sollecitarlo con ripetuti ‘porta’ per farsi consegnare la preda … ma oggi Nerone sembra più restio del solito a riportare la preda. E’ ancora a una decina di metri quando si ferma e … ingoia la quaglia. E’ un attimo, forse non ha ingoiato intenzionalmente la quaglia, ma subito si rende conto di aver fatto qualcosa d’irreparabile e imperdonabile.
A capo chino, con le orecchie basse e la coda fra le zampe, Nerone si avvia lentamente, senza mai voltarsi indietro, verso la strada statale in alto. A niente servono i ripetuti richiami di Tonino e di Ciccio, dove vai, vieni qua, … arrivato in cima salta sul muretto della statale e sparisce.
Tonino guarda il padre perplesso. “E’ tornato a casa” dice Ciccio notando lo sguardo preoccupato di Tonino “lo troveremo la”. Senza Nerone la battuta di caccia è comunque terminata. Mestamente Tonino e il padre risalgono la china o tornano a Erchie con il carniere vuoto seguendo la strada statale. Durante il tragitto Tonino continua a essere preoccupato per Nerone. In vista di casa comincia a correre lasciandosi il padre alle spalle. La madre è sulla soglia di casa. “Dov’è Nerone?” chiede con il fiato grosso. “E’ venuto con voi!” risponde la madre. “Ma non è già tornato?”. “No, qui non c’è”.
Tonino ha un tuffo al cuore … la sua apprensione è giustificata. Dov’è andato Nerone?
Tonino corre giù in giro per il paese chiedendo a tutti se l’hanno visto, ma di Nerone non c’è traccia. Un pensiero, per quanto assurdo, gli passa per la mente: non si sarà mica suicidato per il dispiacere? Con il cuore in gola corre giù alla spiaggia, attraversa il basso tunnel naturale che collega la spiaggia di Erchie con quella di Caugo e cerca velocemente sotto il dirupo, sotto la chiesetta della Madonna. Nerone non c’è. Tonino tira un sospiro di sollievo e torna a casa di corsa con la certezza di ritrovarlo lì … ma Nerone non c’è. Anche Ciccio è preoccupato anche se fa finta di niente. Lo rassicura: “vedrai, prima di sera torna a casa”.
Si fa buio, nella notte si sentono in lontananza i latrati dei cani dei pastori, si cena, Tonino va a letto … e Nerone non c’è. Non è facile prendere sonno. All’improvviso Tonino ha un intuizione, come un flash: “E’ stato rapito”. Poi l’intuizione diventa certezza: mentre tornava a casa seguendo la strada statale qualcuno deve averlo caricato in macchina e portato via chissà dove. Non può essere diversamente. Ora Tonino immagina Nerone legato in un tugurio e disperato per non essere a casa come ogni notte. Anche Ciccio, il giorno dopo, ammette che Nerone può essere stato rapito.
Tonino va a scuola con la tristezza nel cuore ma con la speranza di trovarlo a casa al ritorno. Purtroppo al ritorno da scuola Nerone ancora non c’è. Anche il giorno dopo passa senza novità. Tonino è sempre più triste pensando a Nerone prigioniero da qualche parte.
E’ sabato e come ogni sabato mattina Ciccio e Tonino vanno alla ‘Turina’. Si tratta di un piccolo podere, con i classici terrazzamenti coltivati a limoni, che si trova in alto sopra Erchie. Per arrivarci bisogna arrampicarsi lungo un irto sentiero per una quindicina di minuti. Di lato ai terrazzamenti c’è un casolare dove Ciccio conserva gli attrezzi agricoli. Mentre cammina dietro Ciccio, Tonino ha un presentimento: “Nerone è alla Turina”. Supera di corsa il padre e raggiunge il casolare. Evviva … Nerone è lì accucciato vicino alla porta del casolare.
Urla di gioia, lo abbraccia, lo accarezza ma Nerone non reagisce. Ha lo sguardo triste e le orecchie basse come quando li ha lasciati verso Capo d’Orso tre giorni prima. Sembra che stia male. Intanto Ciccio che ha sentito le urla di gioia di Tonino è arrivato e si precipita anch’egli ad abbracciare Nerone. E solo adesso, come per miracolo, Nerone si rianima, si rialza, comincia a scodinzolare e poi a correre in giro abbaiando dalla felicità. Il perdono del padrone ha fatto il miracolo.
Più avanti negli anni, a Tonino capitava spesso di ripensare all’episodio di Nerone e della quaglia ingoiata. Rifletteva: il povero cane era rimasto per tre giorni senza mangiare e senza bere, accucciato all’aperto come ad espiare una pena. Dal comportamento tenuto, Nerone aveva dimostrato di riconoscere l’autorità, di aver coscienza del peccato e di aspirare al perdono. Ma un cane ha una ‘morale’, cioè un criterio per distinguere il bene dal male? Prova il senso di colpa e conosce il concetto di espiazione della pena? Ha coscienza di sé? Insomma un cane ha sentimenti, pensa, ama, odia, ha una volontà e persino ragiona? Ha anche un’anima?