
Prima di parlare della felicità, vorrei raccontare brevemente come ho incontrato Spinoza. Avevo letto da qualche parte, su un giornale credo, che la teoria della relatività di Einstein parla di un universo quadridimensionale che esiste in blocco, con tutto il tempo e tutto lo spazio, e dove lo scorrere del tempo è solo una illusione umana.
Com’è possibile che tutto il tempo, il passato, il presente ed il futuro, possa esistere in blocco contemporaneamente? Incuriosito ho cominciato a fare ricerche sulla teoria della relatività ma anche sulla vita ed il pensiero di Einstein. Ho scoperto così uno scambio di telegrammi fra il rabbino di New York, H. Goldstein ed Einstein.
Nel 1929, il rabbino inviò un telegramma ad Einstein: “Credi in Dio? STOP risposta pagata di 50 parole”.
Einstein rispose con 25 parole (in tedesco): “Credo nel Dio di Spinoza che si manifesta nell’armonia dell’universo, non credo nel Dio che si preoccupa del destino e delle azioni del genero umano“
La scoperta che lo scienziato più grande di tutti tempi credesse in Dio, in un primo momento, mi ha un po’ disorientato. Poi mi sono chiesto, chi è questo “Dio di Spinoza”?. E’ così che ho comprato l’Etica di Spinoza.
Bella idea!!!
Il primo tentativo di capirci qualcosa è fallito miseramente. Come poteva essere diversamente? La prima frase dell’Etica dice: “Per causa di sé intendo ciò la cui essenza implica l’esistenza, ossia ciò la cui natura non può essere concepita se non come esistente”. E avanti di questo passo … Cosa potevo capirci io completamente a digiuno di filosofia? Ma non mi sono arreso … a farla breve, con sforzi immani, sono riuscito a scoprire la chiave di lettura di Spinoza ed ad aprire lo scrigno del tesoro dell’Etica.
L’Etica di Spinoza è un trattato che indica il percorso verso la felicità o, quantomeno, verso l’intima serenità. Si tratta però di un percorso lungo, arduo e irto di ostacoli. Niente viene offerto gratuitamente su di un piatto d’argento. Spinoza termina l’Etica scrivendo “Anche se la via che ho mostrato per giungere a questa meta sembra oltremodo ardua, si può tuttavia trovarla. E deve essere davvero arduo quello che si trova raramente. Infatti, come potrebbe accadere che la salvezza fosse trascurata quasi da tutti se fosse a portata di mano e la si potesse trovare senza fatica? Ma tutte le cose eccellenti sono tanto difficili quanto rare.”
Lungo l’arduo cammino verso la cosa più eccellente, la felicità, occorre procedere per passi successivi. Innanzitutto bisogna analizzare accuratamente i sentimenti umani per comprendere, razionalmente, quale è il loro effetto sulla nostra sfera emotiva e sul nostro benessere psicologico. Il passo successivo è quello di capire e accettare che tutto in questo mondo avviene necessariamente e perfettamente secondo le leggi eterne ed immutabili di Dio. Infine, dalla considerazione che ogni singola entità, sia essa persona, animale o cosa, è unita in una cosmica armonia con il Tutto, si potrà giungere alla beatitudine, all’amore intellettuale di Dio, cioè alla vera felicità.
Ma prima di intraprendere l’arduo cammino dobbiamo definire la felicità.
Cos’è la felicità? Forse qualcuno dirà che questa è una domanda molto personale alla quale ogni uomo può solo rispondere per sé. Ma cerchiamo di dare ugualmente una definizione di felicità in termini generali.
La prima cosa che viene in mente quando si parla di felicità è quella di una condizione di gioia eccitata che si esprime nella sensazione di euforia, di energia in eccedenza, nel ridere, nel voler danzare, cantare, etc. Questa è una forma di euforia più che di felicità e ha lo svantaggio di essere precaria, instabile e, necessariamente, di breve durata. Non è questo il tipo di felicità che ci interessa in questa discussione.
C’è poi una felicità biologica che deriva dall’appagamento delle necessità primarie quali ad esempio la fame, il sonno, l’appagamento sessuale. I bisogni biologici creano una condizione di attesa e di infelicità che tende a risolversi nel momento in cui il bisogno primario è appagato. L’appagamento genera una condizione di felicità biologica, identificabile con il piacere, che influenza anche la psiche e lo spirito. L’appagamento biologico è anch’esso provvissorio. E’ sottoposto infatti ad una temporaneità irrevocabile, frutto del continuo ripresentarsi di pulsioni e istinti dopo il breve periodo di appagamento degli stessi. Certo la felicità biologica è importante ma neanche questo è il tipo di felicità che ci interessa analizzare.
“E’ felice chi ha tutto quello che vuole” può essere indicata come la formula concisa di quello che la maggior parte delle persone intende oggi per felicità.
Secondo questa definizione, felice è quel tale la cui esistenza materiale è assicurata, che gode di buona salute, che ha trovato il lavoro dei sui sogni, che guadagna bene e può permettersi una bella macchina, che ha una casa di proprietà, dei figli sani ed intelligenti. Certo questa persona è sulla buona strada per essere felice se è capace di rallegrarsi, di apprezzare quello che ha e di goderne intimamente. Dovrà però stare attento a non cadere nel tranello dell’insaziabile bisogno di avere: avere più soldi, più case, più gioielli, macchine più costose. E’ naturale voler migliorare la propria condizione materiale ma è sbagliato concentrarsi su quello che non si ha e, allo stesso tempo, svalutare, dare per scontato, quello che già si ha.
Il desiderio senza fine, il dover aver assolutamente questo o quello per pensare di essere felici assomiglia ad una corsa per raggiungere un traguardo che si sposta sempre più avanti. Ogni desiderio appagato genera altri desideri da appagare in una catena senza fine. Alla fine si cade esausti senza aver raggiunto il traguardo. In questa corsa senza senso a voler avere sempre di più l’unico traguardo certo è un crescente senso di vuoto, di delusione e di infelicità.
Certo l’acquisto ed il possesso di beni materiali possono appartenere ad una vita felice ma non ne sono il presupposto.
La felicità, dal mio punto di vista, è una condizione di gioiosa serenità, di contentezza tranquilla ma pervasiva, che nasce da una condizione mentale di armoniosa unione del mio ‘io’ con me stesso, con gli altri, con la natura, con il Tutto. La gioia soffusa e diffusa scaturisce dal sentirsi parte dell’ordine eterno e necessario della natura; dal sentire la comunione con il Dio immanente, presente in tutte le cose della Natura.
Una tale condizione di gioia e serenità ci porta a pensare: “Si, io ho il privilegio di essere. Io sono parte della Vita infinita del Tutto“.
Il privilegio di ESSERE dovrebbe dare una grande gioia ma è sovente sottovalutato perché non siamo consapevoli del presente. Il nostro animo è completamento assorbito dalle aspettative, dalle speranze, a volte, dalle paure di quello che accadrà nel futuro. Anche il passato con i suoi ricordi, i suoi rimorsi, la nostalgia dei tempi andati occupa una parte considerevole della nostra coscienza. Quanto spazio rimane per il presente? Molto poco. Ma il futuro e il passato non sono reali: l’unica realtà è il presente.
E’ nel presente che sento fluire il sangue nelle mie vene, è nel presente che alcune cellule del mio corpo crescono, si riproducono, altre muoiono. E’ nel presente che le nuvole scorrono nel cielo, che il sole scalda la terra, che Luna, il mio gattino, sporgendosi da dietro lo schermo del computer, mi guarda con un punto interrogativo negli occhi. Starà pensando “ … questo sta diventando scemo!!!”.
Noi SIAMO nel presente. A volte, per brevi momenti del presente, si può sentire il proprio essere come annegato nel mare placido, armonioso, amorevole dell’Essere cosmico, il proprio cuore battere in unisono con il ritmo dell’Universo. Si può sentir il fluire della propria vita come il fluire di una molecola d’acqua nel fiume quieto, immenso ed eterno della Vita. Quale gioia più profonda! Cosa ci importa, in questi momenti di grazia, di cosa ci riserva il futuro? Di quello che è stato nel passato? Siamo VIVI adesso! Gloria a Dio!
Quando si riesce a raggiungere questa condizione mentale di armoniosa comunione cosmica in Dio, di accordo con la natura di cui seguiamo l’ordine, di adesione al mondo nella sua totalità, l’animo si colma di serenità e si può vivere in pace con se stessi e con gli altri.
Presi come siamo dal turbinio della vita quotidiana, purtroppo questi sentimenti affiorano molto raramente. Il nostro sforzo dovrebbe essere di renderli più frequenti.
In attesa del risveglio intellettuale all’armonia del Tutto e all’Amore intelletuale di Dio, non dobbiamo sottovalutare le piccole felicità, cioè i momenti di felicità quotidiani.
Possiamo provare una piccola felicità di fronte allo spettacolo di un’alba o di un tramonto, di fronte al profilo maestoso di montagne in lontananza dopo essere giunti in cima ad una vetta, durante una passeggiata solitaria lungo il mare o nel silenzio dei boschi, per il sorriso innocente di un bimbo, per uno sguardo pieno d’amore, per un bicchiere di buon vino in compagnia di persone care. Purtroppo questi momenti durano un istante e subito passano via. Sarebbe necessario rendersi consapevoli dei momenti di piccola felicità, di goderli fino in fondo, di espanderli, dar loro spazio e importanza, fissarli nella memoria come sottofondo gioioso della vita di ogni giorno.