
Per sfuggire al pensiero circolare sul coronavirus ho deciso di andare a farmi un giro nel macrocosmo, nell’immensità dello spazio.
“Fiat lux” e Dio creò lo spazio e il tempo. Secondo la Bibbia i corpi celesti (stelle, pianeti, galassie, gruppi di galassie, ammassi, super-ammassi) comparvero in cielo tutti insieme al momento della creazione. La Via Lattea con il sistema solare e la Terra da questa parte, la galassia Andromeda da quell’altra parte a una certa distanza … e così via di seguito per tutti i corpi celesti. E così, come disposto da Dio al momento della creazione, il firmamento è rimasto uguale fino ai giorni nostri. Si è sempre creduto così.
Fino a quando l’astronomo americano Edwin Hubble pubblicò le prove che le galassie si allontanano progressivamente da noi perché l’Universo non è inerte e statico ma si espande in continuazione. Questa scoperta è stata una delle più grandi rivoluzioni intellettuali del ventesimo secolo.
Certo, prima di Hubble si sapeva dei movimenti locali dei corpi celesti come il movimento della Terra intorno al Sole, ma, a larga scala, si pensava che l’Universo fosse statico. Questa errata visione è geometricamente rappresentata dalla figura 1.

In figura l’universo è rappresentato da un piano ‘xt’ infinito. Mentre il tempo scorre verso l’alto i corpi celesti rimangono sempre alla stessa distanza l’uno dall’altro.
Anche Einstein pensava che l’universo fosse statico. Infatti quando formulò la teoria della relatività generale nel 1915, era così sicuro che l’Universo fosse statico, che arrivò al punto di modificare la sua teoria introducendo la cosiddetta ‘costante cosmologica’ nelle sue equazioni. Dalla teoria della relatività veniva fuori un Universo in espansione e questo per Einstein, e per la verità per tutto il mondo scientifico del tempo, era inconcepibile.
Anni più tardi Einstein ammise che quello era stato il più grande errore della sua vita. Dalla sua teoria si poteva ricavare che l’Universo era in espansione senza aspettare Hubble. Infatti, nel 1922, il fisico-matematico russo Alexander Friedmann aveva notato che, togliendo dalle equazioni della relatività generale di Einstein la costante cosmologica, l’Universo risultava soggetto a un moto di espansione con una curvatura che decresce nel tempo. Il suo lavoro rimase però sconosciuto a lungo nel mondo occidentale. Dobbiamo aspettare gli esperimenti di Hubble per scoprire che l’Universo si sta espandendo e che tutte le galassie che riusciamo a osservare si stanno allontanando dalla Terra.
Per la verità le galassie non si stanno allontanando da noi come se la Terra fosse al centro di questa enorme espansione … noi non siamo al centro di niente! Tutte le galassie si muovono in allontanamento una dall’altra. Com’è possibile?

Prendi un palloncino appena un po’ gonfio; con un pennarello disegna dei punti sulla sua superficie ognuno rappresentante una galassia; ora comincia a gonfiare il palloncino (figura 2).
Man mano che il palloncino si gonfia la curvatura del palloncino diminuisce mentre la distanza fra i punti aumenta. Non c’è nessun punto sulla superfice del palloncino che può essere considerato il centro dell’espansione. In realtà non sono le galassie che si allontanano ma è lo spazio che le contiene che si dilata trascinando con sé tutti i corpi celesti.
Se le galassie si stanno allontanando una dall’altra si può facilmente immaginare che andando indietro nel passato, a un certo punto, esse fossero tutte concentrate nello stesso luogo fisico. In effetti, è proprio così: tutti i modelli dell’Universo concordano sul fatto che circa 15 miliardi di anni fa tutte le galassie fossero concentrate in un punto che gli scienziati chiamano “singolarità”. Nella singolarità, la dimensione delle galassie è zero, la distanza fra loro è zero; per contro densità e curvatura sono infinite.
E’ difficile con l’immaginazione afferrare questo concetto … ma questo è quanto viene fuori dalle equazioni della teoria della relatività generale.
Portiamoci comunque indietro al tempo della singolarità.
In principio ci fu un’esplosione.
Non è un’esplosione come quelle con cui abbiamo familiarità sulla Terra, ossia un’esplosione che si verifica nello spazio circostante. Prima dell’esplosione primordiale, il Big Bang, non c’è niente, neanche lo spazio. E’ l’esplosione che crea lo spazio e … il tempo. Dopo circa un centesimo di secondo, il momento più antico di cui la scienza può parlare con una certa sicurezza, la temperatura del piccolo universo neonato si aggira intorno a cento miliardi di gradi centigradi. A queste temperature non è possibile alcuna aggregazione della materia in atomi o molecole. La materia scagliata in ogni direzione dall’esplosione primordiale è formata da particelle elementari: elettroni, positoni, neutrini e fotoni.
Col procedere dell’esplosione la temperatura cala passando a trenta miliardi di gradi dopo un secondo, a tre miliardi di gradi dopo 14 secondi, a 1 miliardo di gradi dopo 3 minuti. La temperatura a questo punto è sufficientemente bassa perché le particelle elementari possano cominciare a combinarsi dando origine a composti di materia più complessi come atomi e molecole.
A partire dal Big Bang l’universo continua ad espandersi fino a raggiungere oggi, dopo 15 miliardi di anni, la forma e dimensioni che noi oggi osserviamo.
Si può facilmente pensare al Big Bang come all’atto della creazione dell’universo da parte di Dio. La Chiesa Cattolica, infatti, già nel 1951, si pronuncia ufficialmente a favore dell’ipotesi del Big Bang dichiarandola coerente con il racconto biblico. Peccato però che nella Bibbia si parli di creazione “ex-nihilo”, dal nulla, mentre nella teoria del Big Bang, la singolarità è un punto di massa ed energia infinita … non certo ‘un nulla’.
Da dove derivi questa energia infinita è un altro discorso che affronterò più avanti.
Abbiamo un’idea sull’origine e l’evoluzione dell’universo fino ad oggi, ma quale sarà la sua evoluzione futura? Si potrebbe pensare che l’espansione iniziata col Big Bang continuerà all’infinito.
In realtà, il destino del nostro Universo non è certo.
Al suo interno agiscono due forze contrapposte: (1) la spinta dell’espansione causata dal Big Bang che fa allontanare le galassie sempre più l’una dall’altra; (2) la forza di gravitazione, causata dalla massa della materia, che tende a tenerle legate e a frenare l’espansione.
Il destino dell’Universo dipende da quale delle due forze prevarrà.
Se la densità media di materia nell’universo è superiore a una cosiddetta densità critica allora si può pensare che l’attrazione gravitazionale frenerà prima o poi l’espansione.
Questa densità critica è pari a circa un centesimo di un miliardesimo di miliardesimo di miliardesimo (10-29) di grammo di materia per centimetro cubo, equivalente a circa cinque atomi di idrogeno ogni metro cubo di universo. La nostra esperienza del mondo ci porterebbe a credere che la densità media di materia sia di molto superiore alla densità critica. Basta pensare a quanti miliardi di atomi di idrogeno ci sono in centimetro cubo di acqua. Ma bisogna considerare che la materia tende ad ammassarsi. L’alta densità di materia della Terra, delle stelle, ecc., deve fare media con la scarsa materia negli immensi spazi vuoti interstellari.
Studiando accuratamente la distribuzione delle galassie nello spazio cosmico, gli astronomi si sono fatti l’idea che la densità media di materia sia inferiore alla densità critica e che quindi la forza di gravità non può averla vinta con la forza di espansione. L’universo sarebbe allora destinato ad espandersi per sempre.
Ma c’è un ma.
Ci sono numerose evidenze sperimentali che indicano che tutto lo spazio vuoto non sia poi così vuoto ma sia pieno di materia oscura. Nessuno sa dire quale sia l’esatta natura della materia oscura né tantomeno come calcolare quale sia la sua quantità. Comunque, dando un valore teorico alla materia oscura e sommandolo alla materia delle galassie, è ragionevole supporre che la densità di materia dell’universo superi la densità critica. In questo caso prima o poi l’espansione dovrebbe cessare e l’universo dovrebbe cominciare a contrarsi.
Ma vediamo nel dettaglio le varie possibilità. Il rapporto tra la densità media di materia dell’universo e la densità critica viene chiamato “densità Omega”.
A questo punto si possono formulare tre ipotesi:
1. Se Omega è minore di 1, la materia presente e la conseguente forza gravitazionale è insufficiente per controbilanciare la spinta di espansione. In questo caso, l’Universo è destinato a espandersi in eterno seguendo una legge di tipo iperbolico. Questo tipo di Universo si dice “aperto” ed è caratterizzato da una curvatura negativa.
2. Se Omega è uguale a 1, la forza gravitazionale e la spinta all’espansione si controbilanciano perfettamente. L’espansione rallenterà lentamente ma l’attrazione gravitazionale non sarà mai sufficiente a far collassare l’Universo su se stesso. E’ questo il caso dell’Universo “piatto” con curvatura zero.
3. Infine, se Omega è maggiore di 1, la forza gravitazionale prevarrà e le galassie cominceranno a riavvicinarsi fino a scontrarsi e a fondersi tra loro, in un gigantesco impatto che è chiamato “Big Crunch” (la situazione opposta al Big Bang). Questo tipo di Universo si dice “chiuso” ed ha curvatura positiva.
Quale dei tre modelli di Universo è quello giusto? Non è dato di sapere perché, al momento, non si è in grado di misurare la quantità di materia nell’Universo. L’unica cosa che sappiamo è che l’Universo, attualmente, si espande al ritmo del 5-10 per cento ogni miliardo di anni.
Provo a rappresentare graficamente i tre modelli di universo disegnando l’universo come un oggetto geometrico statico in un diagramma spazio-tempo. L’oggetto geometrico è da considerare statico nel senso che non è soggetto ad alcun movimento o evoluzione: bisogna dimenticare l’esempio del palloncino che progressivamente si gonfia. Occorre, invece, considerare la struttura dell’oggetto nello spazio-tempo come un qualcosa d’immobile e immodificabile, esistente così com’è eternamente. In pratica dobbiamo mettere gli occhiali di Dio e guardare l’Universo dall’esterno del tempo e dello spazio, dal punto di vista dell’eternità, “sub specie aeternitatis”. Insomma, dobbiamo giocare un po’ a fare Dio.

Se ti metti fuori dallo spazio e dal tempo, l’Universo “aperto”, ipotesi 1, ti apparirebbe come la forma conica in figura 3. Lo spazio, che al momento del Big Bang è zero, continua a espandersi all’infinito man mano che aumenta la coordinata tempo. Con lo scorrere del tempo, tutti i corpi celesti si allontanano all’infinito. In questo caso l’Universo raggiungerebbe, prima o poi, uno stato di massima entropia: tutto è omogeneo, anche l’energia è uniformemente distribuita. Il destino dell’Universo, in questo caso, è la morte termica o Big Freeze.
Nella seconda ipotesi, l’Universo “piatto”, con l’aumentare della coordinata tempo, il cono che abbiamo visto prima tende a trasformarsi in un cilindro (figura 4).

Un Universo piatto si espande per sempre a un ritmo decrescente non raggiungendo mai però un ritmo di crescita uguale a zero. Il destino ultimo di un Universo piatto è simile a quello di un Universo aperto: la morte termica o Big Freeze.
Nella terza ipotesi, modello dell’Universo “chiuso”, l’espansione prima rallenta fino a fermarsi, e poi, pian piano, l’Universo comincia a contrarsi sotto l’azione della propria forza di gravitazione.

Le galassie si avvicinano fino a fondersi tra loro. Tutto l’Universo, ormai composto solo di particelle atomiche e radiazione, collassa alla fine in un unico punto: il “Big Crunch“. Il destino ultimo dell’Universo chiuso è il collasso della materia nella singolarità del Big Crunch, una specie di gigantesco buco nero.
Nella figura 6 ho disegnato il modello di Universo “chiuso”. Al tempo zero c’è il Big Bang, poi, man mano che il tempo scorre l’universo si espande per poi contrarsi nel Big Crunch.

Ogni sezione orizzontale della sfera contiene TUTTO lo spazio dell’Universo in un dato momento. Nella figura ho evidenziato solo due sezioni: quella relativa a un tempo di 10 miliardi di anni e quella di adesso (15 miliardi di anni).
10 miliardi di anni dopo il Big Bang, l’Universo ha già raggiunto un’espansione significativa ma ancora non c’è il sistema solare: al suo posto c’è una nebulosa di gas interstellari.
5 miliardi dopo abbiamo l’Universo come ci appare adesso. Infatti c’è il nostro sistema solare formatosi circa 4,5 miliardi di anni fa per collasso gravitazionale della nebulosa pre-esistente. Nei prossimi miliardi di anni l’Universo continuerà a espandersi fino a raggiungere una dimensione massima per poi restringersi fino al punto del Big Crunch.
E’ importante ricordare che non c’è movimento in questa figura. Non devi immaginare un cerchio che comincia da un punto al Big Bang, che si allarga fino all’equatore, per poi restringersi in un punto al Bing Cruch. Devi invece pensare a questa sfera di spazio-tempo come semplicemente “esistente”. Per dirla con le parole di Hermann Weyl: “il mondo oggettivo semplicemente è, non diviene”.
A causa del principio di conservazione della materia (che non può essere creata o distrutta, ma solo trasformata), c’è qualcosa che non quadra nella figura 6. Che fine fanno le particelle di materia che vanno a finire nella singolarità del Big Crunch? Da dove vengono fuori le particelle generate al Big Bang?

Una possibile soluzione potrebbe essere quella di teorizzare che c’è sempre un altro Universo dopo di questo e che c’è sempre stato un Universo prima di questo.
Questa è la teoria dell’Universo oscillante o a “stringa di perle” illustrata nella figura 7.
Ogni ciclo dell’Universo è rappresentato da una sfera. Il collasso di un ciclo è sempre seguito dall’espansione di un nuovo ciclo. Nota che nella figura ogni sfera è diversa. Questo perché si pensa che le costanti fisiche che vengono fuori ogni volta che la materia è schiacciata nel buco nero fra due cicli siano sempre diverse. Questo modello è soddisfacente per quanto riguarda il principio di conservazione della materia ma crea un altro problema ancora più grosso: il tempo cosmico, in questo caso, va all’infinito nelle due direzioni.
C’è un modello che elude l’inconveniente del tempo cosmico infinito e, al tempo stesso, fornisce una risposta soddisfacente alle due domande: dove va a finire la materia nel Big Crunch? Da dove vengono fuori le particelle generate al Big Bang?
Questo modello dello spazio-tempo è disegnato sulla superficie di un “toro”, una forma geometrica simile ad una ciambella. Il termine, infatti, deriva dal latino “torus” che indica un tipo di cuscino a forma di ciambella.
Anche in questo modello abbiamo lo spazio che si espande a partire dal Big Bang, che raggiunge una dimensione massima e poi si contrae nel Big Crunch. Solo che, in questo caso, il Big Bang e il Big Crunch coincidono. Quest’ultimo non è segnato nella figura ma puoi immaginarlo coincidente con la sferetta rossa al centro della ciambella.

Vediamo insieme la figura 8. Anche se questo non è il solito diagramma spazio-tempo, in figura è rappresentata una struttura spazio temporale. Lo spazio è espresso dall’ampiezza della ciambella, mentre il tempo scorre lungo gli anelli multicolori ognuno dei quali rappresenta una galassia.
Partendo dall’anello che rappresenta la nostra galassia, la Via Lattea, individuiamo il Qui & Adesso cioè il punto nel tempo e nello spazio in cui siamo posizionati in questo momento. L’espansione dell’universo in questo momento è rappresentata dall’ellisse di colore azzurro. La coordinata tempo è invece rappresentata dal segmento di anello di colore giallo.
Ora scendiamo lungo l’anello nell’avvallamento verso il centro della ciambella. La coordinata tempo diminuisce il che vuol dire che stiamo andando indietro nel tempo. Notiamo anche un’altra cosa: le galassie si avvicinano; questo ci fa capire che l’universo si sta contraendo come si vede dalle dimensioni dell’ellisse bianca. Qui tutte le galassie sono molto vicine e la coordinata tempo è diminuita di molto. Continuando a scendere arriviamo al tempo zero quando le galassie collassano una nell’altra nella sferetta rossa che ricordo rappresenta sia il Big Bang sia il Big Crunch.
Questo è quello che succede se scendiamo nell’avvallamento verso il passato.
Ora, partendo dal punto Qui & Adesso risaliamo lungo l’anello della Via Lattea allontanandoci dal centro della ciambella. Notiamo subito che la coordinata tempo aumenta quindi stiamo andando avanti verso il futuro. Le galassie adiacenti si allontanano quindi lo spazio si sta espandendo.

Fino a quando?
Fino a quando la forza di gravitazione non ha la meglio sulla forza espansiva. Nella figura si può vedere che, una volta raggiunta la massima espansione in corrispondenza della circonferenza esterna della ciambella, le galassie cominciano a riavvicinarsi ed il tempo comincia a scorrere al contrario (la coordinata tempo ha segno negativo).
Alla fine le galassie si avvicinano fino a fondersi tra loro. In figura questo non si vede bene ma devi immaginare che tutti gli anelli, cioè tutte le galassie, confluiscano dal lato di sotto nella sferetta rossa che prima abbiamo chiamato Big Bang ed ora chiamiamo Big Crunch.
Tutto l’Universo, ormai composto solo di particelle atomiche e radiazione, collassa alla fine in un unico punto: il Big Crunch. Secondo la relatività generale, nelle ultime fasi della compressione l’universo acquista, istante dopo istante, sempre maggiore velocità e comprime tutto in un ammasso di materia sempre più piccolo: l’universo intero si contrae nelle dimensioni di un pianeta, di una mela, di un chicco di riso e ancora continua a contrarsi arrivando alle dimensioni di una molecola, di un atomo, di una particella elementare finendo con l’essere del tutto privo di dimensioni nella singolarità. Questo sostiene la teoria della relatività generale.
Uno dei problemi principali posti da questa teoria è che al momento del Big Bang e del Big Crunch esiste una singolarità di massa zero ed energia infinita. In queste condizioni la teoria della relatività generale non è più applicabile.
Per evitare la singolarità entra in gioco la Teoria delle Stringhe.
Le stringhe non sono a-dimensionali come le particelle puntiformi. Esse hanno una sola dimensione che non può essere inferiore ad un certo valore molto piccolo corrispondente alla lunghezza di Planck. Ciò comporta che esista un limite inferiore all’ordine di grandezza delle distanze fisiche. La teoria delle stringhe stabilisce quindi, in modo nuovo e originale, che nessuna delle dimensioni spaziali dell’universo può mai contrarsi fino a diventare più corta della lunghezza di Plank.
Ciò significa che per quanto le forze gravitazionali si sforzino di ridurre le distanze spaziali sotto la lunghezza di Planck i loro tentativi sono vanificati al punto che il collasso cosmico si trasforma in una specie di rimbalzo, il “Cosmic Bounce”, dando inizio ad una nuova fase di espansione.
Questo modello cosmologico è ciclico. Il nostro Universo ad un certo punto smetterà di espandersi e comincerà a contrarsi tendendo verso la singolarità come ci si aspetta dalla teoria dei buchi neri. Succede invece che prima di diventare una singolarità, l’universo rimbalza nel “Cosmic Bounce”. Ricomincia a questo punto un nuovo ciclo di espansione che raggiunge di nuovo la massima espansione dello spazio per poi contrarsi in un nuovo Big Crunch. Siccome nel rimbalzo la singolarità è stata evitata è da presumere che le costanti fisiche del secondo ciclo siano le stesse del primo ciclo. Nel rimbalzo la storia esatta dell’universo sarebbe ripetuta in ogni ciclo in un’eterna ricorrenza. Sarebbe l’Eterno Ritorno.
Tu potresti a questo punto chiedere: “OK! Ho capito. Ma quante volte è già stato ripetuto questo ciclo? In quale ciclo siamo capitati noi? Nel primo? Nell’ultimo? O nel centesimo?”. Questa è la classica domanda sbagliata. Non c’è un ultimo ciclo o un ciclo attuale o un prossimo ciclo perché niente si muove. Noi abbiamo la sensazione che il tempo scorra ma … questa è solo un’illusione. Il tempo esiste ma non scorre. Quello che scorre è la proiezione olografica nella nostra coscienza degli eventi contigui registrati nel continuo dello spazio-tempo quadridimensionale del nostro cervello. Tu sei nel punto Qui & Adesso eternamente. “Ogni cosa per il solo fatto di esistere è eterna”( E. Severino). Anche tu e tutti gli istanti della tua vita siete eterni. Peccato che questo concetto sia applicabile anche al coronavirus. 🙂
Luigi Di Bianco