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Il capitolo decimo della “Storia della filosofia occidentale” di Bertrand Russel è dedicato a Spinoza. “Spinoza (1632-77) è il più nobile ed il più degno di amore dei grandi filosofi. Se qualcun altro lo ha superato dal punto di vista intellettuale, dal punto di vista etico è superiore a tutti.” Così esordisce Russel.
La metafisica e l’etica di Spinoza sono trattati da Russel in modo oggettivo e accurato. A conclusione del capitolo, Russel esprime il suo giudizio critico negativo su due punti fondamentali della filosofia di Spinoza: la sua metafisica, e quello del problema del “male”. Non ho capito però su quali basi Russel fonda la sua critica a questi due aspetti fondamentali.
Scrive: “Per effettuare un giudizio critico sull’importanza di Spinoza come filosofo è necessario distinguere la sua etica dalla sua metafisica, e considerare quanto della prima può sopravvivere al rifiuto della seconda”
Russel, quindi, esplicitamente rifiuta la metafisica di Spinoza.
“La metafisica di Spinoza è il migliore esempio di ciò che si può chiamare « monismo logico »: la dottrina, cioè, che il mondo nel suo complesso sia un’unica sostanza, di cui nessuna parte sia logicamente capace di esistere da sola. È impossibile accettare in blocco questa metafisica; essa è incompatibile con la logica moderna e con il metodo scientifico. I fatti vanno scoperti attraverso l’osservazione, non attraverso il ragionamento; quando deduciamo con esattezza il futuro, lo facciamo per mezzo di principi che non sono logicamente necessari, ma che sono suggeriti da dati empirici. E il concetto di sostanza, su cui Spinoza si basa, è tale che oggi né la scienza né la filosofia lo possono accettare.”
Mi sarei aspettato a questo punto che Russel esplicitasse i motivi per cui, oggi, né la scienza né la filosofia possono accettare la metafisica di Spinoza e, in particolare, il concetto di Sostanza unica. Ma non è così, emesso il giudizio, Russel passa oltre.
Per me, dilettante della filosofia e delle scienze, non sembra proprio che la metafisica di Spinoza sia incompatibile con le scienze e la logica moderna. Anzi, mi sembra che la sua sia quella più aderente ai criteri scientifici.
Innanzitutto, cos’è la metafisica?
Il termine compare per la prima volta nel 1° sec. d.C. quando si trattò di organizzare gli scritti aristotelici in due raccolte: “le trattazioni concernenti la natura”, e, “le trattazioni che seguono a quelle circa la natura”. In termini moderni possiamo dire che il primo gruppo di raccolte tratta la fisica, il secondo, la metafisica, ciò che va “oltre” la fisica.
Presupposto della metafisica è la consapevolezza dei limiti della conoscenza derivata in modo diretto dall’esperienza sensibile. I nostri sensi, a causa della loro limitata gamma di percezioni, recepiscono passivamente le impressioni derivanti dai fenomeni naturali e la pochezza del nostro cervello, nell’elaborarle, non riesce a cogliere l’essenza del particolare e il senso del tutto.
Scopo della metafisica è allora quello di andare “oltre” la fisica nel tentativo di trovare e spiegare l’essenza delle cose e la struttura profonda dell’universo che si ipotizza nascosta dietro l’apparenza dei fenomeni osservabili.
Se ciò è vero, possiamo applicare il metodo scientifico fondato “sui dati empirici ricavati dall’osservazione” alla speculazione metafisica? Assolutamente no.
Ovvio, la metafisica deve essere compatibile con il metodo scientifico ma solo nelle premesse e negli assiomi, poi l’elaborazione va avanti per nessi logici. Non si fa buona speculazione metafisica, per esempio, se si parte dal concetto che la Terra gira intorno al Sole o che la mente e il corpo sono due cose autonome, distinte e separate.
Ora mi chiedo, Russel si aspetta che il concetto di “… monismo logico: la dottrina, cioè, che il mondo nel suo complesso sia un’unica sostanza” debba essere sottoposto al vaglio del metodo scientifico mediante l’osservazione e i dati empirici? Credo proprio di no, è impossibile. La metafisica va “oltre” la fisica, deve essere compatibile con la logica non con il metodo scientifico.
Vuole buttare nel cestino dei rifiuti tutta l’elaborazione metafisica elaborata nei millenni dai filosofi? Non credo, più probabilmente egli vuole indicare che la metafisica dell’unica Sostanza spinoziana si basa su premesse non compatibili con la scienza.
Questo per me è inaccettabile.
Quando Spinoza teorizza l’unica Sostanza, cioè Dio, cioè la Natura, non fa altro che affermare il primato delle leggi della natura che governano tutto quello che esiste. “La dottrina che il mondo nel suo complesso sia un’unica sostanza, di cui nessuna parte sia logicamente capace di esistere da sola” è per me evidente: quale oggetto, quale stella, quale particella elementare, quale essere umano può dire di esistere “per sé” e di non essere soggetto alle leggi della natura?
Secondo la metafisica di Spinoza tutto è governato dalla mente di Dio per mezzo delle leggi eterne e immutabili della natura che non sono altro che manifestazioni della Sua mente. Come si può dire che la metafisica di Spinoza è incompatibile con le scienze? Per uno scienziato svelare le leggi della Natura, nella prospettiva di Spinoza, equivale a leggere la mente di Dio.
Infatti, Spinoza è amato da molti scienziati a cominciare dal padre della Relatività, Albert Einstein. Rispondendo al rabbino di New York che gli chiedeva se credesse in Dio, Einstein rispose: “Credo nel Dio di Spinoza che rivela la sua esistenza nell’armonia ordinata dell’esistente, non nel Dio che si preoccupa per il destino e per le azioni degli esseri umani”. Da giovane Einstein era così affascinato da Spinoza da dedicargli una breve poesia: “How much do I love that noble man; More than I could tell with words; I fear though he’ll remain alone; With a holy halo of his own”.
Anche la Meccanica Quantistica è compatibile con il concetto di Sostanza unica. Il fisico David Bohm, autore dell’interpretazione ontologica della Meccanica Quantistica, scrive:
“Noi diciamo che le interconnessioni quantistiche inseparabili dell’intero universo sono la realtà fondamentale e che le parti, anche se si comportano come relativamente indipendenti, sono solamente forme contingenti e particolari di questa totalità”. (David Bohm, On the Intuitive Understanding of Nonlocality as Implied by Quantum Theory, Foundations of Physics, vol 5, 1975).
La realtà fondamentale è per Bohm una totalità indivisa che ha molto a che fare con la Sostanza unica spinoziana. Le cose del mondo, invece, sarebbero le parti che, pur sembrando indipendenti ed autonome, non sono altro che forme contingenti e particolari di questa unica Sostanza. Anche noi umani saremmo forme contingenti dell’unica Sostanza eterna.
Bohm sembra addirittura fare riferimento all’Etica di Spinoza quando scrive:
“Se l’uomo riesce a includere tutto coerentemente e armoniosamente in una totalità indivisa, senza confini, allora la sua mente tenderà a funzionare in modo unitario e a questo seguirà un’azione ordinata all’interno del tutto.” (David Bohm, Wholeness and the Implicate Order, 1980).
Ma Spinoza non è apprezzato solo dai fisici. Il famoso neuroscienziato Antonio Damasio ha scritto due libri, “Alla ricerca di Spinoza” e “L’errore di Cartesio”, per dimostrare che Spinoza aveva ragione nell’unificare la mente ed il corpo in un’unica sostanza. Questo in contrapposizione con il dualismo di Cartesio che propugnava invece due sostanze autonome, la mente e il corpo, non connesse causalmente. È la metafisica di Cartesio ad essere incompatibile con le moderne neuroscienze, non quella di Spinoza.
Veniamo ora alla seconda critica, quello sul problema del male.
Russel scrive: “Il problema del male, per Spinoza, è più facile di quel che non sia per chi non possiede la sua fede nella finale bontà dell’universo. Spinoza pensa che, se voi vedeste le vostre disgrazie come sono in realtà, come parte, cioè della concatenazione di cause susseguentisi dall’inizio del tempo fino alla fine, voi vedreste che esse sono disgrazie solo per voi, e non per l’universo, per il quale sono unicamente passeggeri incidenti che vanno ad accrescere l’universale armonia. Questo non posso accettarlo; credo che i singoli avvenimenti siano quel che sono, e non divengano diversi se assorbiti in un tutto. Ciascun atto di crudeltà entra per sempre a far parte dell’universo; niente di quel che accade più tardi può rendere quell’atto buono anziché cattivo né può conferire la perfezione al tutto di cui quell’atto è una parte”
Ci sono alcune formulazioni in questo brano che mi lasciano perplesso.
Stralcio alcuni passaggi:
- “… la sua fede (di Spinoza) nella finale bontà dell’universo”. Spinoza non ha alcuna fede nella finale bontà dell’universo. Per lui non c’è finalismo, non c’è bontà. L’universo è necessariamente quello che è, non è né buono né cattivo. Noi siamo portati a ritenere che quello che è bene o male per l’uomo sia anche il bene ed il male del Tutto. Niente di più sbagliato! Non è l’uomo, in base ad egoistiche considerazioni, a poter giudicare il bene ed il male nella prospettiva della razionalità del Tutto che ordina il mondo.
- “… passeggeri incidenti che vanno ad accrescere l’universale armonia”. Sembra che Russel voglia suggerire che Spinoza propugni un divenire del Tutto da una minore o maggiore armonia. Niente di più sbagliato: la sostanza unica, cioè Dio, cioè la natura, è necessariamente quella che è, è eterno presente, fuori del tempo e non è soggetta al divenire. “I passeggeri incidenti” (che tanto passeggeri non sono se si considera l’ineluttabilità della morte di tutti gli umani) riguardano un curioso animale bipede che abita un piccolo pianeta vagante tra miliardi e miliardi di corpi celesti. Spinoza non nega il dolore e la sofferenza dell’uomo a seguito dei cosiddetti “incidenti”. La sua Etica mira ad alleviare le sofferenze ed il dolore dell’uomo mediante una visione del Tutto che “includa tutto coerentemente e armoniosamente in una totalità indivisa” (Bohm).
- “… rendere quell’atto buono anziché cattivo né può conferire la perfezione al Tutto di cui quell’atto è una parte”. Il concetto di “perfezione del Tutto” spinoziano non ha niente a che fare con quello che sembra suggerire Russell. Per Spinoza, il Tutto è perfetto perché non può essere diverso da quello che è: ogni più piccola variazione lo renderebbe imperfetto. Il filosofo Giuseppe Rensi esprime molto bene il concetto spinoziano di perfezione: “Se si guarda la realtà in modo assolutamente obiettivo, […] guardandola NON con i nostri occhi ma con quelli stessi della Realtà Totale se essa ne avesse, non v’è né bene né male, né perfezione né imperfezione, bene e perfezione essendo la realtà com’è o, meglio, essendo qualifiche superflue di fronte alla realtà com’è“.
In conclusione, mi sembra di capire che la critica di Russell all’etica di Spinoza si basi, almeno in questo scritto, su una lettura approssimativa della sua metafisica. Dio, la Sostanza di Spinoza, non è una persona, non è né buono né cattivo, non ha simpatie o antipatie, non premia né punisce, non ama e non odia, non decide e non giudica, non agisce in vista di uno scopo, un obiettivo finale, non ha volontà e intelletto, non risiede oltre il mondo. E’ la Natura stessa. Egli non ha bisogno di agire per giungere ad un fine perché è già perfetto così com’è. È fuori del tempo, il suo è un eterno presente da cui ‘germogliano”, secondo regole eterne ed immutabili, il tempo e lo spazio, tutti gli enti contingenti di questo mondo e noi stessi.
Luigi Di Bianco
